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venerdì 19 giugno 2009

REFERENDUM: Berlusconi: non faccio campagna, ma votero' SI

Una volta avrebbe detto che "scendeva in campo", adesso invece, scende in campo, ma solo a metà. Silvio Berlusconi ha dichiarato che andrà a votare al referendum e che voterà per sì. "Ma non farò campagna elettorale". "Al referendum - dice ad una tv laziale - bisogna dare una risposta: io non farò campagna, ma andrò a votare. Ritirerò la scheda e voterò per il sì".

"Referendum importante". Berlusconi, che sta compiendo un tour-de-force televisivo anche in vista dei ballotaggi di domenica, ha aggiunto: "Il giudizio sui quesiti lo lascio ai cittadini. E' comunque un fatto importante, che siano chiamati ad esprimersi sulla materia oggetto del referendum".

Il Presidente della Camera, Gianfranco Fini è sulla stessa linea e va oltre invitando gli italiani ad andare a votare: «Vado certamente a votare, lo faccio convintamente» ed è «ovvio» che l'auspicio è che gli italiani facciano altrettanto. Chi di certo apprezza la presa di posizione dell'ex leader di An è il comitato promotore del referendum.

Alleanza nazionale, poi confluita nel Pdl, aveva sostenuto praticamente in blocco il referendum. Oggi due dei referendari della prima ora, Ignazio la Russa e Italo Bocchino, avevano prima di Fini chiarito: il nostro sostegno ai quesiti resta. «Che i partiti non diano indicazioni tassative in questa materia è una cosa logica, come ha già detto Berlusconi. Diversi sono i comportamenti personali», sottolineava il ministro della Difesa.

Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl, spiega la sua posizione rispetto al referendum del 21 giugno prossimo: "Io che sono per il bipolarismo e per il bipartitismo guardo con favore al prossimo quesito referendario. Sono favorevole al quesito referendario: sono per il si'."

mercoledì 17 giugno 2009

Presentazione dei quesiti referendari

Il 1° e il 2° quesito: premio di maggioranza alla lista più votata e innalzamento della soglia di sbarramento:
Le attuali leggi elettorali di Camera e Senato prevedono un sistema proporzionale con premio di maggioranza. Tale premio è attribuito su base nazionale alla Camera dei Deputati e su base regionale al Senato. Esso è attribuito alla “singola lista” o alla “coalizione di liste” che ottiene il maggior numero di voti.
Il fatto che sia consentito alle liste di coalizzarsi per ottenere il premio ha fatto sì che, alle ultime elezioni, si siano formate due grandi coalizioni composte di numerosi partiti al proprio interno. E la frammentazione è notevolmente aumentata.
Il 1° ed il 2° quesito (valevoli rispettivamente per la Camera dei Deputati e per il Senato) si propongono l’abrogazione del collegamento tra liste e della possibilità di attribuire il premio di maggioranza alle coalizioni di liste.
In caso di esito positivo del referendum, la conseguenza è che il premio di maggioranza viene attribuito alla lista singola (e non più alla coalizione di liste) che abbia ottenuto il maggior numero di seggi.
Un secondo effetto del referendum è il seguente: abrogando la norma sulle coalizioni verrebbero anche innalzate le soglie di sbarramento. Per ottenere rappresentanza parlamentare, cioé, le liste debbono comunque raggiungere un consenso del 4 % alla Camera e 8 % al Senato.
In sintesi: la lista più votata ottiene il premio che le assicura la maggioranza dei seggi in palio, le liste minori ottengono comunque una rappresentanza adeguata, purché superino lo sbarramento.
All’esito dell’abrogazione, resteranno comunque in vigore le norme vigenti relative all’indicazione del “capo della forza politica” (il candidato premier) ed al programma elettorale.
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Il 3° quesito: abrogazione delle candidature multiple e la cooptazione oligarchica della classe politica:
Un terzo quesito referendario colpisce un altro aspetto di scandalo. Oggi la possibilità di candidature in più circoscrizioni (anche tutte!) dà un enorme potere al candidato eletto in più luoghi (il “plurieletto”). Questi, optando per uno dei vari seggi ottenuti, permette che i primi dei candidati “non eletti” della propria lista in quella circoscrizione gli subentrino nel seggio al quale rinunzia. Egli così, di fatto, dispone del destino degli altri candidati la cui elezione dipende dalla propria scelta. Se sceglie per sé il seggio “A” favorisce l’elezione del primo dei non eletti nella circoscrizione “B”; se sceglie il seggio “B” favorisce il primo dei non eletti nella circoscrizione “A”. Nell’attuale legislatura, questo fenomeno, di dimensioni veramente patologiche, coinvolge circa 1/3 dei parlamentari. In altri termini: 1/3 dei parlamentari sono scelti dopo le elezioni da chi già è stato eletto e diventano parlamentari per grazia ricevuta. Un esempio macroscopico di cooptazione!
E’ inevitabile che una tale disciplina induca inevitabilmente ad atteggiamenti di sudditanza e di disponibilità alla subordinazione dei cooptandi, atteggiamenti che danneggiano fortemente la dignità e la natura della funzione parlamentare. Inoltre i parlamentari subentranti (1/3, come si è detto) debbono la propria elezione non alle proprie capacità, ma alla fedeltà ad un notabile, che li premia scegliendoli per sostituirlo.
Con l’approvazione del 3° quesito la facoltà di candidature multiple verrà abrogata sia alla Camera che al Senato.